Le tessere iniziano ad andare al loro posto, almeno da una parte. Il centrosinistra ha finalmente un candidato per le politiche del 2013: il segretario Pierluigi Bersani si riconferma leader incontrastato del Partito Democratico sconfiggendo il rottamatore Matteo Renzi in una sfida divenuta il principale evento mediatico di un panorama politico italiano altrimenti in macerie. Ribadendo l'utilità di un esercizio di democrazia del genere, non bisogna neppure lasciarsi abbagliare dallo scintillio dei riflettori e ignorare la portata tutto sommato misera di questo voto.
Davanti ad un vecchio avversario più confuso e diviso che mai (PdL) e di un nuovo rivale agguerrito e in ascesa (Movimento 5 Stelle), da parte del PD ci si sarebbe aspettati una maggiore dose di coraggio. Si è voluto invece proporre una soluzione di rassicurante continuità che a molti elettori disillusi potrebbe puzzare un po' troppo di conservatorismo. Non lo smentisce certo la reazione talvolta stizzita di veterani come Rosy Bindi o Luigi Berlinguer alla ridiscussione di Renzi, che per quanto possa sembrare ambigua ed ammiccante alla destra rappresenta comunque una legittima istanza di rinnovamento interno. E non lo smentisce neanche una stortura delle stesse primarie quale il mezzo divieto a chi non aveva votato al primo turno di partecipare al secondo (ma che razza di consultazione popolare sarebbe?). E a fare le spese di questa tensione opaca e sotterranea non è soltanto la reputazione del partito, ma anche le primarie come strumento per avvicinare la gente e la politica. E questo di sicuro non se lo meritano.
Inoltre rafforza l'idea di chi pensa che se le primarie non sono altro che una dispendiosa messinscena (1-2 euro da versare per elettore) per confermare la volontà di una segreteria che ha già deciso per conto proprio, tanto vale lasciare che siano i soliti vertici a scegliere e con questo l'immobilismo dei partiti che ragionano in questo modo. Come il Pdl di cui si è parlato poco fa, dove all'indomani della vittoria di Bersani pare consolidarsi l'eventualità di un ritorno di Berlusconi che si direbbe pronto a resuscitare Forza Italia a spese di Alfano. Qualunque sia il nome dell'ennesimo partito da predellino la mossa accantonerebbe un percorso che vedeva finalmente anche il centrodestra orientato verso una scelta della leadership per mezzo delle primarie, il che avrebbe sicuramente giovato a questo schieramento ormai agonizzante e forse anche fornito i mezzi per rimontare su un centrosinistra che dopo il voto di domenica non ha portato certamente dell'aria fresca. Veramente un'occasione mancata...
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