venerdì 15 marzo 2013

India - La partita tra marò e Finmeccanica

L'unico a rimetterci in questa storia sembra essere il nostro povero ambasciatore in India, Daniele Mancini. Per aver violato la parola data al governo indiano sul secondo ritorno in Italia dei due marò, Mancini rischierebbe infatti una detenzione di tre anni, ma visto che gode della protezione diplomatica se la potrebbe cavare con un'espulsione che non gli risparmierebbe comunque una macchia indelebile sulla sua carriera. Tutto ciò mentre dietro le rimostranze di rito dei due Paesi, i fantocci dati alle fiamme dai pescatori nel Kerala e il dibattito nel Belpaese sulla correttezza o meno del nostro governo si nasconderebbe in realtà un tacito scambio tra i due fucilieri di marina e un'indagine della giustizia indiana contro Finmeccanica. Sarà davvero così?


Poco dopo il rientro di Latorre e Girone in Italia per trascorrere le vacanze natalizie, il loro caso era stato spostato dalla Corte del paese dove si era consumata la tragica morte dei due pescatori di cui erano stati accusati ad un tribunale speciale istituito dalla Corte suprema. La stessa sede giudiziaria che avrebbe poi consentito al loro secondo viaggio a casa poco prima delle elezioni, una concessione che nella forma era molto simile alla precedente ma nella sostanza chiedeva minori garanzie (non c'è stato bisogno ad esempio di nessuna cauzione). L'Italia aveva poi votato bloccandosi su se stessa e ai maro che avevano esercitato il loro diritto non restava che prepararsi a fare di nuovo le valigie.
All'improvviso come un fulmine a ciel sereno la decisione del governo Monti, una delle ultime e sicuramente anche una delle più eclatanti del suo esecutivo. A dispetto degli impegni accordi che il Professore ha sempre tenuto a rispettare, l'Italia in questa occasione dava uno strappo alle regole annunciando che Latorre e Girone non sarebbero più rientrati in India. Con sommo imbarazzo dell'ambasciatore Mancini, ridotto al momento come una specie di ostaggio, e del governo indiano che promette gravi ripercussioni nei rapporti con il nostro Paese.
Intanto la giustizia indiana avrebbe ricevuto quasi contemporaneamente allo schiaffo dei marò alcuni documenti relativi a Finmeccanica, in particolare sull’ex amministratore delegato del gruppo, Giuseppe Orsi. Quest'ultimo sarebbe coinvolto in una presunta mazzetta versata da Finmeccanica a diversi militari per aggiudicarsi la vendita di una dozzina di elicotteri della sua società Agusta Westland. Per quest'inchiesta sarebbe indagato addirittura un capo dell'aviazione, tale Tyagi, gettando così altra benzina sul fuoco in un Paese che dopo lo scandalo Coalgate è preso dalla sindrome della svendita allo straniero.
Il tempismo di questa consegna d'informazioni che dà praticamente il disco verde al proseguimento delle indagini contro una nostra azienda, un contenzioso che se lasciato irrisolto poteva destabilizzare le relazioni commerciali reciproche, è quantomeno sospetto. A rimetterci il normale corso della Giustizia, che al di là della pertinenza internazionale o meno della vicenda ha subito di fatto una forzatura, e speriamo non troppo il povero Mancini condannato per ora a restare nei suoi uffici a Nuova Delhi.

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