La giustizia ha dovuto attendere a lungo prima di arrivare al traguardo di oggi. Questo perché in Libano la convivenza interreligiosa negli ultimi anni è stata più tormentata che mai. Prima la guerra civile degli anni ottanta, poi l'occupazione dello straniero siriano, che dopo il ritiro delle sue truppe ha mantenuto una sua influenza con Hizbullah, il quale di questi tempi sta ricambiando il favore combattendo al fianco di Assad nella guerra civile.
Per questo motivo la presenza nel panorama politico di un uomo influente, ma scomodo perché di fede sunnita e apertamente antisirano come Rafiq Hariri secondo questi poteri forti doveva essere eliminata, anche con la forza. E da qui alla strage di quel maledetto San Valentino del 2005 il passo fu molto breve, col risultato di gettare il Libano in una sorta di limbo fino ad oggi.
Sebbene Beirut fosse formalmente indipendente, il paese ha continuato a risentire dei suoi potenti vicini subendo le loro guerre per procura come quella del 2008 tra Hizbullah e Israele o replicando nel suo piccolo l'attuale guerra civile siriana con il moltiplicarsi di scontri e attentati interconfessionali in città come Beirut o Tripoli. L'ultimo nell'ordine di tempo c'è stato oggi proprio a Hermel, un bastione di Hizbullah, che ha provocato quattro morti e decine di feriti.
In tutto questo la giustizia internazionale stava nel frattempo mettendo su il processo per l'assassinio di Hariri. Il tribunale speciale fu aperto ufficialmente nel 2009, sollevando immediatamente un mare di polemiche specialmente da parte di Hizbullah, il principale accusato appunto, che lo considerava un fantoccio d'Israele e degli Stati Uniti. Addirittura nel 2011 le indagini dell'Aja aprirono una crisi politica tra l'allora premier Saad Hariri, figlio di Rafiq, e i suoi alleati sciiti che si erano uniti a lui in un governo di unità nazionale. Gli uomini di Hizbullah si dimisero infatti dopo aver chiesto invano ad Hariri di non collaborare con il tribunale, vanificando così una breve stagione di riconciliazione.
Di lì a poco sarebbe scoppiata la sopracitata rivolta siriana, la quale opponendo la minoranza sciita del presidente Assad contro i ribelli di estrazione prevalentemente sunnita avrebbe esasperato i rapporti anche tra le numerose etnie che compongono il piccolo paese dei Cedri. Se da una parte è già un miracolo che il Libano non sia nuovamente sprofondato nell'ennesima guerra civile, il processo dell'Aja con tutte le persone e gli interessi che sarà inevitabilmente chiamato a mettere in discussione si candida a diventarne la miccia più esplosiva.
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