Durante il suo governo (2005-2013) Ahmadinejad era divenuto uno dei capofila dei movimenti negazionisti dell'Olocausto, sponsorizzando a tale scopo delle conferenze che suscitarono ampio sdegno tanto in Occidente che tra gli altri politici iraniani. La mossa ovviamente aveva un chiaro disegno politico, vale a dire delegittimare lo stato d'Israele che venne fondato proprio pochi anni dopo l'immane tragedia.
La mossa non pagò molto il presidente che invece di guadagnare seguaci alla propria causa, approfondì l'isolamento del proprio paese, tanto che fino a pochi mesi fa negli ambienti militari israeliani si parlava molto di un eventuale attacco preventivo contro il regime di Teheran. Per questo la stella di Ahmadinejad ha cominciato ad essere offuscata da quelli che un tempo erano i suoi alleati, a cominciare dalla Guida Suprema Khamenei, il quale ha accolto di buon grado la vittoria alle presidenziali dello scorso settembre del moderato Hassan Rohani.
Non a caso uno dei primi atti del nuovo presidente per favorire la riconciliazione con i suoi rivali è stato quello di condannare "il crimine nazista", a cui gli ha fatto eco il suo ministro degli Esteri, il quale da qui a poche settimane dovrà incontrarsi nuovamente con le grandi potenze a Vienna per proseguire i negoziati sul programma nucleare iraniano. Forse anche in vista di quest'appuntamento, Zarif ha voluto dare all'intervista un tono ancora più conciliatorio aggiungendo "Noi non abbiamo niente contro gli ebrei [...] non ci sentiamo minacciati da nessuno".
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