giovedì 18 ottobre 2012

Uniti per la pace?


Lo ammetto, non so ancora se devo interpretare il Premio Nobel per la pace conferito all'Unione Europea come un gesto d'incoraggiamento o di sottile ironia scandinava. Analizzando le ragioni del comitato viene da chiedersi se la decisione non sia arrivata con almeno dieci anni di ritardo e per giunta in un momento che non potrebbe essere più dissonante.
Non c'è dubbio che l'Unione abbia promosso la stabilità del continente favorendo la tanto agognata riconciliazione franco-tedesca e l'avanzamento della democrazia in un vicinato (l'Europa orientale e prima di essa anche Grecia, Spagna e Portogallo) che in tempi non troppo lontani non godeva di piene libertà. Una missione che continua ancora in quel crepaccio balcanico dove la nostra guerra civile era iniziata quasi un secolo fa e dove si spera vi siano state consumate le ultime braci.
C'è però l'altra faccia della medaglia. Quella di un'Europa che spaventa i popoli, i quali si sentono vessati da sacrifici che un'autorità invisibile gli impone scavalcando i governi eletti, la cui impotenza o incompetenza arriva a destabilizzare la società come sta accadendo nella disputa tra Spagna e Catalogna. O facendo il gioco di quei populismi che non quando si parla di casa europea non vi vedono un veicolo d'integrazione, ma uno strumento al servizio di una cerchia inafferrabile.
Per fortuna la maturità degli elettori ha contenuto finora l'avanzata di rigurgiti come Alba Dorata, ma non possiamo illuderci che ciò possa durare in eterno. Gli europei hanno bisogno innanzitutto di essere rassicurati e di capire che restare insieme è un punto di forza, non condividere un'ipoteca sul proprio futuro. L'ultima lite tra Angela Merkel che insiste sull'unione dei bilanci contro François Holland che preme invece per l'unione delle banche rivela quanto nonostante i buoni propositi si continui a perdere tempo in vuote polemiche.
A mio parere la soluzione francese sarebbe quella più adeguata (meglio tenere a bada un settore bancario vulnerabile prima di pensare ai bilanci), ma gli interessi che stanno dietro a questa differenza di vedute ostacolano il raggiungimento di qualunque soluzione duratura. Il bello è che a forza di abbandonarsi a lungaggini del genere i mercati prima o poi fiuteranno l'aria che tira, ricominciando di conseguenza a far salire lo spread con annessi sacrifici, tasse e compagnia bella. E alle prossime elezioni difficilmente gli elettori avranno ancora voglia di essere maturi...

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