Nonostante siano passati vent'anni dal crollo dell'Unione Sovietica, la Russia fatica ancora a considerare l'Ucraina uno stato indipendente. Ma in fondo il passato comune non è neppure una realtà così remota se anche una fetta della popolazione ucraina - residente prevalentemente nell'est del paese - condivide questo sentimento. Del resto l'esistenza di molti ucraini continua a svilupparsi da una parte all'altra del confine grazie anche ad un regime doganale e commerciale così stretto tra i due vicini da rendere quasi impercettibile l'esistenza di una frontiera.
Mosca è ben consapevole della situazione di relativa dipendenza dell'Ucraina a livello economico e per questo ha battuto molto sul tasto di un suo probabile collasso nell'eventualità che questa decidesse di firmare l'accordo di associazione con l'Unione Europea - un mercato che i media russi hanno definito tutto da conquistare - previsto alla fine del mese a Vilnius, in Lituania
Dopo settimane di entusiasmi sempre più freddi è arrivato il dietrofront ufficiale. del presidente ucraino Viktor Yanukovich. L'accordo di associazione è stato addirittura bloccato per decreto dal premier Mykola Azarov che pochi giorni prima aveva pure incontrato il suo omologo russo Medvedev. Facendo eco alla tesi russa, il governo ucraino ha giudicato l'accordo troppo svantaggioso, lamentando anche l'eccessiva attenzione dell'Europa sul caso Tymoshenko, l'ex premier avversario di Yanukovich che venne condannata a sette anni per abuso di potere e che stando a molte testimonianze starebbe vivendo un regime carcerario particolarmente duro per la sua salute.
Per il momento Bruxelles può solo prendere atto dello strappo e annullare tutti gli incontri previsti con l'Ucraina in attesa di tempi migliori. Semmai arriveranno vista le serie di fallimenti che hanno interessato di recente la sua politica di vicinato: dal Nord Africa delle primavere arabe tramutatesi in rigidi inverni alla Turchia indotta da tentazioni autoritarie, passando per un Caucaso e un Medio Oriente (Siria in primis) abbandonati al loro fermento fino all'Oriente slavo dove le aspirazioni europeiste sono quasi morte sul nascere. L'ennesima prova che la crisi economica oltre ad intaccare gli equilibri interni dell'Unione Europea, ne ha svuotato anche la capacità di proiezione e ha lasciato un immenso guscio vuoto e immobile di cui prima o poi nessuno (tranne chi freme dall'approfittare di questa debolezza) saprà più che farsene.
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