La tensione è salita nuovamente giovedì scorso quando una base della missione Unimiss è stata attaccata da guerriglieri fedeli a Machar, causando la morte di un paio di soldati indiani e il ferimento di una dozzina di funzionari locali. Tra ieri e oggi ci sono stati dei nuovi attacchi contro dei velivoli ONU che stavano in volo su Bor, la capitale del grande Stato centro-occidentale di Jonglei che è anche la roccaforte del decaduto Machar.
A peggiorare le cose è venuto l'annuncio di ieri dello stesso Machar in un intervista ad Al-Jazeera che i suoi avrebbero preso il controllo anche della strategica regione di Unity. Questo territorio, conosciuto anche come al-Wahda, ricchissimo di quel petrolio che rappresenta praticamente l'unica fonte di reddito di Juba.
Nel giro di una settimana siamo passati dalle rassicurazioni di Kiir al suo rivale con in mano un lungo corridoio che dal confine s'incunea come una spina fino ad un soffio dal cuore del governo. Ancora una volta le sorti di questo giovane paese si stanno decidendo in un bagno di sangue. In passato era la lunga lotta contro i musulmani di Khartoum che ha portato l'indipendenza, oggi una guerra intestina tra etnia Dinka (Kiir) e Nuer (Machar) che a parte le centinaia di vittime e le decine di migliaia di sfollati che ha registrato in così poco tempo non si sa proprio dove andrà a finire.
P.S.
Brutte nuove anche dalla Repubblica Centrafricana, anch'essa sprofondata nel caos dopo il golpe dell'inizio dell'anno che ha provocato una guerra aperta tra le fazioni ribelli e quelle del deposto François Bozizé. Nonostante l'intervento in pompa magna di Hollande a supporto dell'ex colonia nella capitale Bangui si continua a sparare e ad uccidere al punto che il personale di Emergency dice di doversi barricare negli ospedali per salvare la pelle.
Nessun commento:
Posta un commento