lunedì 7 maggio 2012

Le domeniche elettive


Se dobbiamo dar retta a chi aveva parlato della democrazia come di un noioso intralcio agli illuminati del rigore, allora le elezioni tenutesi domenica in Europa devono aver trasmesso a questi signori un emozione leggermente più intensa, magari non una vera e propria bastonatura, ma almeno una forte scrollata. E il futuro sull'Europa resta comunque tutto da scrivere.
Le promesse di Hollande (in primis la ridiscussione dell'arcigno Fiscal Compact) sono allettanti e la mai sopita grandeur della Francia così maltrattata durante il cosiddetto "Merkozy" potrebbe far passare qualcosa all'atto pratico, sempre che il nuovo presidente si affretti a trovare alleati alla sua causa che altrimenti rischia di finire in un vicolo cieco e aprire scenari ben peggiori del voto greco.
Anche qui infatti si sono tenute delle elezioni molto attese e dalle urne, come previsto, è venuto fuori un equilibrio che definire precario è abbastanza riduttivo: i partiti europeisti (Pasok e Nea Dimokratia) non hanno i numeri nemmeno per governare insieme e hanno lasciato terreno a una galassia di forze radicali (tra cui gli pseudofascisti dell'Alba Dorata con l'urlante Michaloliakos della foto) che esprime un disincanto più che comprensibile ma difficilmente componibile. Una strada dunque ancora più in salita per Atene, sebbene un'eventuale ridiscussione della politica d'austerity adottata finora potrebbe evitare un'uscita dall'euro, se non dall'Europa e i greci almeno questo non lo vogliono, che sembra quasi inevitabile.
Anche la Merkel in fondo ha ricevuto un buffetto con le elezioni, sempre domenica, dello Schleswig-Holstein, in cui l'erosione della sua coalizione con i liberali potrebbe avere effetti deleteri per il voto della prossima settimana nel dieci volte più popoloso Nord Renania-Vestafalia. Non c'è che dire: il popolo è uno stramaledetto guastafeste.

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